
Sono circa le quattro del pomeriggio quando posteggiamo di fronte alla Cantina di Scopeto. Siamo nel Chianti, e in particolare nel Chianti Classico: 70.000 ettari tra Siena e Firenze famosi in tutto il mondo per il dolce pendio delle colline, il verde delle campagne e naturalmente il vino. È proprio il vino il protagonista del nostro viaggio alla scoperta delle aziende di Elisabetta Gnudi Angelini.
Arrivati a Scopeto, nel comune senese di Castelnuovo Berardenga. Non facciamo in tempo a scendere dall’auto che una giovane ci accoglie e ci introduce nella tenuta. La Cantina di Scopeto si inserisce con gentilezza ed eleganza nel magnifico territorio che la accoglie.

D’altra parte si trova qui fin dal 1079, quando era un vero e proprio borgo che nei suoi anni migliori, come ci rivelerà Alessandra Angelini, ospitava oltre 500 persone. É intorno al 1300, infatti, che da avamposto militare la tenuta viene donata alla famiglia Sozzini, che la trasforma in villa, intorno alla quale proliferano piccole botteghe e abitazioni.
É invece nel 1997 che questo luogo magico subisce la sua ultima importante trasformazione, proprio ad opera di Elisabetta Gnudi Angelini che, acquistata la tenuta, ne intuisce subito il potenziale e ne sviluppa e fortifica la capacità produttiva senza però snaturare minimamente il carattere.
La nostra visita inizia dalla zona di raccolta delle uve, in continuità con i vigneti. Da qui, sfruttando la forza dolce e naturale della gravità, il vino viene trasferito nelle cantine, dove riposa quieto e tranquillo grazie alla temperatura costante delle sale, temperatura ottenuta grazie alla collocazione interrata della cantina, che contribuisce a mantenere costante anche il tasso di umidità.
Con il prosieguo della visita scopriremo che questa congiunzione di natura e tecnologia è una delle cifre stilistiche del modo di lavorare di Elisabetta, che per mantenere al massimo livello la naturalità dei propri prodotti predilige interventi di carattere tecnologico a monte, piuttosto che interventi di carattere chimico a valle.
La capacità produttiva dell’azienda è oggi di circa 300.000 bottiglie all’anno, ma non è certo questa l’unica forma di capacità produttiva della Tenuta di Scopeto: abbiamo appena finito di degustare i prodotti dell’azienda – vini, ma anche olio – quando arriva Alessandra Angelini, figlia e collaboratrice di Elisabetta, che ci dice di seguirla verso Borgo Scopeto in tutta fretta: tra poco sarà buio, e non saremo in grado di vivere a pieno la bellezza magica di questi luoghi.
Risaliamo quindi in auto e dopo pochi chilometri di strada sterrata percorsi con rapidità e sicurezza da Alessandra, ma un po’ meno da noi, arriviamo a Borgo Scopeto, il cuore dell’antico insediamento. L’impatto visivo è veramente mozzafiato.
La tenuta si trova di fronte a Siena, a sette chilometri in linea d’aria: le torri della città si stagliano chiaramente di fronte a noi, controllate a vista da una colonna sormontata da un marzocco che troneggia in mezzo ad un prato: si tratta di un’istallazione ad opera dei fiorentini – ci spiega Alessandra – che nel ‘500 hanno posizionato il simbolo a guardia di Siena.
Oggi l’antico borgo è un magnifico Relais che, ancora una volta in pieno stile Angelini, è stato restituito a nuova vita grazie ad un sapiente restauro conservativo che, riprendendo le vecchie strutture e utilizzando materiali locali ha permesso l’edificazione di un complesso modernissimo, caratterizzato da servizi eccezionali, e allo stesso tempo dal sapore antico e maestoso. Il relais offre 52 unità abitative, per 132 posti letto totali.
Ci sono due piscine, due campi da tennis, campi di lavanda ed elicriso, un ristorante in grado di ospitare fino a 150 persone, ma anche una serie di caratteristiche volte a valorizzare la clientela business: il relais comprende offre infatti diverse sale conferenza, tra le quali una con oltre 150 posti. Una caratteristica più unica che rara in questa zona, che ha fatto sì che la tenuta venisse scelta per il lancio della Ferrari California – unico lancio che il brand del cavallino ha scelto di realizzare al di fuori di Maranello – o dell’Aston Martin DB9.


Se la presenza di servizi volti a permettere meeting aziendali e presentazioni sono una caratteristica rara per un relais di questo tipo, Alessandra, dopo una rapida visita agli internida segnalare almeno la sala degustazione, all’interno di un’antica cisterna per la raccolta delle acqueci mostra fiera il Roccolo della tenuta, uno degli unici due rimasti in tutta la Toscana.
Si tratta di un antico giardino esagonale, ricco di vegetazione a medio fusto, che i nobili usavano ricoprire con reti e utilizzare poi per la caccia di uccelli ed uccellini con retini. La struttura ha un che di labirintico: le piante sono talmente fitte che al suo interno, complice anche l’orario, è praticamente buio. É difficile accorgersene mentre vi si è dentro, ma visto dall’alto il giardino si presenta come una croce a sei punte, una sorta di grande asterisco fatto di piante.
È ormai buio quando, terminata la visita, da Borgo Scopeto ci spostiamo verso la Tenuta di Altesino, a Montalcino. É qui che trascorreremo la notte in attesa di visitare le due tenute – Altesino e Caparzo – dedicate alla produzione di quello che è forse il vino rosso più iconico al mondo. L’appartamento in cui soggiorniamo fa parte della sezione ricettiva della tenuta di Altesino: è ampio e funzionale, pur mantenendo tutto il fascino di un’antica dimora toscana.
Il giorno successivo, di buon mattino, il personale della struttura, sempre gentile ed estremamente preparato, ci accompagna a Caparzo, l’altra tenuta della famiglia Angelini, consigliandoci di iniziare da lì la nostra visita, per poi tornare ad Altesino, dove incontreremo Elisabetta Gnudi Angelini.
Tutto il personale che abbiamo incontrato sembra estremamente fiero e soddisfatto del proprio lavoro. Spesso viene nominata la signora Gnudi Angelini, che nonostante la molteplicità e la dimensione delle attività gestite, ci spiegano, è sempre estremamente presente in azienda, attenta e disponibile a risolvere immediatamente ogni più piccola questione.
Caparzo è una delle aziende storiche del Brunello di Montalcino. Quando chiediamo cosa si intenda con “aziende storiche del Brunello” ci spiegano che, nonostante naturalmente queste terre producano vino da sempre, è solo nell’Ottocento che si comincia a produrre il progenitore del famoso Brunello, ed è solo negli anni Sessanta del Novecento che nasce, ad opera di un piccolo gruppo di aziende, il disciplinare che sancisce la definitiva trasformazione del Brunello di Montalcino nel vino che conosciamo oggi. Caparzo è tra queste aziende. Tutto nasce da un gruppo di professionisti e amici milanesi che, in quel periodo, acquistano la tenuta per trasformarla nella loro residenza estiva.
É nel 1998 che Elisabetta Gnudi Angelini, dopo aver acquistato Borgo Scopeto – ma il suo primo obiettivo, ci rivelerà, era sempre stato Caparzo! – acquisisce anche la Tenuta di Caparzo. Anche stavolta, la signora Gnudi Angelini comprende immediatamente le potenzialità della struttura – e del Brunello! – e opera un sapiente allargamento delle cantine storiche. Non solo. É tra le prime a dotare le strutture – tutte, anche Borgo Scopeto – di impianti di produzione di energia pulita. L’attenzione all’ecosostenibilità è evidente e affonda le sue radici ai tempi della nascita dell’azienda, ben prima che la green economy diventasse un vero e proprio trend.

Dopo un giro nelle bellissime cantine, caratterizzate dallo stesso verde che ritroviamo sulle etichette, e da una galleria di ritratti che incorniciano, uno per ogni anno, i lavoratori dell’azienda, è l’ora della degustazione. Siamo un po’ spaventati, visto che sono le 10.30 del mattino, ma dopo il primo sorso la paura viene spazzata via dal gusto dei vini della tenuta: semplicemente eccezionali.
L’enologa che ci guida nel viaggio tra i prodotti della tenuta ci spiega che i Brunelli di Montalcino di Caparzo sono il frutto di anni e anni di scelte ponderate e duro lavoro. La zona di produzione del Brunello, infatti, è estremamente piccola. Una manciata di colli.
Questo fa sì che piccole variazioni climatiche – un’annata più piovosa su un certo versante, un’estate particolarmente ventosa su un altro – provochino grandi cambiamenti all’interno della produzione dei vini, mutandone fortemente il carattere e a volte rovinando annate intere.
É per far fronte a questa situazione che negli anni l’azienda si è espansa acquistando vigneti su diversi versanti. Oggi sono otto, perfettamente distribuiti in modo da garantire un buon grado di uniformità a prescindere dalle condizioni climatiche stagionali al milione di bottiglie che ogni anno escono dalla Cantina di Caparzo per arrivare sulle tavole di tutto il mondo.
É quasi ora di pranzo quanto torniamo ad Altesino e incontriamo finalmente Elisabetta Gnudi Angelini, una signora elegante e gioviale, che dopo averci accolto con un sorriso ci racconta la sua storia, iniziata a Roma nei palazzi di Confagricoltura.
È qui che Elisabetta, dopo esser rimasta sola con due figli piccoli in seguito alla morte in un incidente d’auto del marito lavora come correttrice di bozze. Ed è proprio facendo questo lavoro che, dopo aver conosciuto il mondo dell’allevamento, dell’agricoltura e dunque anche del vino, ha deciso di lasciare la capitale a favore delle campagne toscane.
Elisabetta ha 40 anni, e si affaccia dunque al mondo del vino dopo esperienze molto diverse – ha lavorato negli Stati Uniti nella gestione di Hotel, nell’azienda farmaceutica di famiglia – ma il suo intuito imprenditoriale la porta a comprendere immediatamente le potenzialità della zona del Chianti e di Montalcino. Inizia così la sua avventura nel mondo del vino, un’avventura la cui ultima tappa è l’acquisizione dell’azienda in cui ci troviamo, Altesino. Anche in questo caso si tratta di un luogo storico – il palazzo principale, che oggi ospita la sua dimora privata, è del 1414 – confinante con la tenuta di Caparzo.
Quando la precedente proprietà ha deciso di vendere, avevano manifestato il proprio interesse i francesi di Chateau Margot, “persone che fanno un vino stupendo” – ci spiega Elisabetta – “ma che preferivo non avere come vicini di casa. Avrebbero sicuramente provato a darci consigli su come fare il vino! E poi spesso i grandi gruppi acquistano le aziende e non se ne occupano direttamente.
In Italia, invece, il vino è una questione di famiglia, tutte le grandi famiglie produttrici di vini storici, come Antinori, o Frescobaldi, sono ancora lì, sono presenti, ci tengono. Anche io sono così”. A questo punto, dopo aver parlato della storia di questi luoghi, non ci resta che chiedere ad Elisabetta qualcosa a proposito del futuro delle sue aziende.
La risposta è perfettamente in linea con quanto ci ha appena detto: “Penso di fermarmi e mi auguro pian piano di passare il testimone a mia figlia, che dopo un passato come ingegnere aerospaziale negli Stati Uniti è tornata per lavorare nell’azienda di famiglia. In realtà però abbiamo acquisito una nuova vigna proprio qualche giorno fa, quindi in realtà non so se riuscirò davvero a fermarmi!”.