Le filiere industriali: quali non possono fermarsi e perché.

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Lo stato di emergenza attuale impone il lock-down di tutte le attività.

Tutto, come era stato inizialmente auspicato, però non è possibile

In un momento storico come quello che stiamo vivendo, con l’avvento del COVID-19, tutti gli equilibri, sociale e sociologico, sanitario ed economico sono inevitabilmente stravolti e messi in discussione.

La situazione venutasi a creare con la pandemia, in Italia e nel mondo, è una condizione di emergenza totalmente nuova e assolutamente unica, tanto più per il mondo occidentale e industrializzato del XXI° secolo.

Con le misure restrittive adottate progressivamente dal nostro governo, molte realtà, incluse quelle industriali, hanno dovuto bruscamente interrompere la propria attività, prefigurando per tutti coloro che lavorano in esse un futuro economicamente incerto.

In merito alla chiusura di aziende e industrie è però importante interrogarsi e soffermarsi lucidamente per valutare il ruolo di ciascuna filiera e l’interazione con le altre, nonché sulle conseguenze di uno stop totale, non solo per chi ci lavora, ma anche per il consumatore finale, privato o pubblico che sia.

Non è possibile né ragionevole semplificare.

Per questo motivo la redazione di Editrice ZEUS ha interpellato un personaggio molto autorevole nel mondo del packaging&processing, Giuseppe Lesce che si è reso disponibile a condividere alcune valutazioni e riflessioni relative al momento contingente e al prossimo futuro.

Giuseppe Lesce è Presidente di Federmacchine, federazione di aziende italiane produttrici di beni strumentali ed ex-Presidente di UCIMA, associazione di aziende costruttrici di macchine per il packaging e Direttore Public Affairs di SACMI IMOLA, azienda italiana produttrice di macchinari industriali e leader in vari settori, che ha appena festeggiato il 100° anniversario.

L’Uomo al centro.

Anche nell’epoca della digitalizzazione, dietro a qualsiasi prodotto non c’è solo una linea industriale o un robot, comunque progettati e gestiti da uomini, bensì decine di persone che lavorano al servizio dell’utilizzatore finale.

L’uomo quindi è cardine, perno e destinatario di tutto il processo produttivo.

Come descrive Lesce, nella realtà precedente alla pandemia il consumatore si recava al supermercato o in qualsiasi bottega o negozio, trovando scontato il disporre di prodotti alimentari di qualsiasi tipo, correttamente conservati, confezionati, etichettati e “trasparenti” rispetto alla leggibilità del percorso produttivo.

Nell’era del COVID-19 questo non è più così ovvio o quantomeno costringe a interrogarsi su quale sia l’iter di processo, rispetto ai prodotti che troviamo a disposizione negli scaffali della GDO e non solo, per comprendere ‘come’ sia possibile avere a disposizione per esempio un prodotto alimentare, una mascherina o una bottiglia d’acqua.

Dietro a un piccolo gesto quotidiano, un’ampia e articolata filiera industriale.

Facciamo un banale esempio, prosegue Lesce: una confezione di latte.

Prima di arrivare alla portata del consumatore, il latte ha dovuto seguire un percorso di lavorazione che parte dalla società agricola, con il processo di allevamento e mungitura, sino alla pastorizzazione, al confezionamento in un contenitore adatto, all’etichettatura e alla codifica, procedure queste che consentono di mettere a disposizione del consumatore i dati di confezionamento, scadenza, provenienza.

Questo iter si conclude con il trasporto e la distribuzione, in atmosfera refrigerata, alle diverse strutture della GDO.

Lesce prosegue nel ribadire che se nell’attuale situazione, pur difficilissima e drammatica, il consumatore, che sia una persona o una struttura sanitaria, può disporre di beni alimentari o di mascherine, camici, o qualsiasi altro bene necessario, ciò è grazie alle diverse filiere industriali interconnesse molto di più di quanto si immagini, che continuano le loro attività consentendo alla comunità di sopravvivere, malgrado l’emergenza.

Avendo ben chiaro quello che è il processo produttivo risulta evidente quanto rilevanti siano soprattutto alcune di queste, non solo a livello economico, ma anche funzionale.

È per questo motivo che, al netto del fatto che qualsiasi tipo di attività lavorativa debba essere svolta, tanto più in questo periodo, in una fase di totale sicurezza e protezione, regolamentata da turni e misure che garantiscano la salvaguardia di chi opera, non tutte le attività si possono permettere lo stop, non tanto per la propria sopravvivenza, ma per la salvaguardia di tutta la collettività, oltre che di una grossa fetta di economia nazionale che deriva da questi comparti, ora in grande sofferenza per il fermo in atto.

L’applicazione e la sconfinata dedizione dimostrata dai tantissimi operatori del settore sanitario e para-sanitario si affiancano all’impegno e agli sforzi dimostrati in tutte le filiere industriali tra cui l’alimentare e il farmaceutico, quelle del packaging o della logistica, che hanno contribuito a rifornire tutti i diversi segmenti della nostra società civile.

Per questa ragione è importante focalizzarsi su quali siano i settori di prima necessità, che vivono e lavorano nell’interesse del consumatore finale e delle strutture che operano a supporto della comunità, oltre che sui danni a livello nazionale che si prospettano in caso non si riesca a trovare rapidamente una soluzione congiunta, che coniughi l’indiscussa e indiscutibile emergenza sanitaria a quella economica, trovando soluzioni e collaborazioni che consentano alla economia domestica di evitare il tracollo.

Ancora una volta l’industria italiana, dichiara Lesce, sta dimostrando una grande capacità di reazione, dando grande prova di flessibilità, dinamicità e capacità di riconversione, ma ha bisogno del supporto delle istituzioni, da cui è auspicabile possa essere ragionevolmente supportata.

È essenziale infatti agire per il bene di tutti con tempestività nell’ ottica di far ripartire al più presto l’economia del paese.

Se dietro una confezione c’è un team di lavoro, svariate aziende e competenze impiegate in diverse attività, che poi contribuiscono a offrire al mercato una soluzione performante ed efficiente, diventa evidente cosa possa esserci dietro un prodotto alimentare, una mascherina o un respiratore.

L’industria italiana al netto delle attuali difficoltà e di quello che sarà la politica europea, prosegue Lesce, ha dalla sua una serie di peculiarità che l’hanno da sempre contraddistinta: dinamicità e

capacità di adattamento, estrema duttilità e una enorme abilità nel problem-solving, capacità fortemente acuite nei decenni.

Non è il momento di polemizzare, ma è il momento di riflettere e agire rapidamente con lucidità e competenza, conclude, nell’interesse delle aziende e di chi ci lavora, nel rispetto di tutte le norme indispensabili alla sicurezza.

Urge un progetto concertato e analitico che oltre all’emergenza sanitaria si prenda cura anche di quella economica a salvaguardia di migliaia di posti di lavoro, che consenta al paese di recuperare anche una piccola parte di quanto già inevitabilmente perso negli ultimi mesi, preoccupazione ampiamente manifestata da Lesce anche in una recentissima lettera indirizzata al Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.

Salutiamo Giuseppe Lesce non senza sottoporgli una domanda difficilissima: che cosa ci attende?

La determinazione e l’ottimismo che da sempre contraddistinguono ogni imprenditore italiano, dalle PMI alle aziende più strutturate, avvezzo a doversi confrontare con competitor internazionali di tutto rispetto, con una burocrazia interna decisamente poco propizia, nonché con altre problematiche peculiari del nostro paese, suggeriscono una lucida e cauta prospettiva di ottimismo.

Ancora una volta probabilmente il paese si dovrà “puntare sui gomiti” e rialzare grazie alle proprie riconosciute qualità: ingegno, creatività, determinazione e anche forse a un pizzico di sana follia.

Caratteristiche che hanno reso il Made in Italy declinato in tutti i diversi ambiti riconosciuto e apprezzato a livello globale.

Il tessuto economico del nostro paese si basa sulla realtà delle piccole e medie imprese e anche di quelle grandi che hanno saputo con le sole proprie forze affermarsi a livello internazionale come indiscutibili eccellenze.

Un altro grande punto a favore del nostro paese è la capacità di ingegnarsi all’occorrenza ed è per questo che Giuseppe Lesce e noi con lui, pensiamo e ci auguriamo che seppure il futuro più prossimo non sarà di certo roseo, ne usciremo forse prima di quanto non temiamo oggi, grazie soprattutto alle capacità di lavoratori e piccole, medie e grandi imprese che sotto la spinta di un obiettivo comune, porteranno progressivamente il paese fuori da questo incubo umano ed economico.

“Andrà tutto bene” dovrà essere il mantra di tutti noi, che avrà certamente seguito se sostenuto dai fatti.

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